32 - Analisi del “Il mito di Sisifo” di Albert Camus

N. Lygeros
Traduzione: Lucia Santini

Il mito di Sisifo è un libro ancora più straordinario della “La persuasione e la retorica”- ma è vero che inizialmente il secondo non era destinato alla pubblicazione- perché nel secondo si scopre la violenza delle parole, mentre nel primo si scopre direttamente quella del pensiero. Questa è la differenza che c’è fra una rivolta e una rivoluzione.

Qui l’autore respinge le preoccupazioni abituali dei filosofi, si accontenta della fondamenta dell’uomo. Egli analizza la struttura logica dell’oggetto uomo. Pone il problema della sua coerenza e studia l’atto del suicidio”. È sempre più facile essere logico. È pressoché impossibile essere logico fino alla fine” di qui la domanda: “C’è una logica fino alla morte?” In effetti, “ Altri prìncipi del pensiero, hanno pure abdicato, ma è al suicidio del loro pensiero, nella più pura rivolta che essi sono giunti”.

Egli osserva ogni sfaccettatura dell’uomo con una sorprendente imparzialità, preso come dato il soggetto che egli tratta. Perché secondo lui “ […] un uomo si definisce meglio dalle sue commedie che dai suoi slanci sinceri” Il più piccolo particolare ha la sua importanza poiché può generare una singolarità. “ Ogni grande atto ed ogni grande pensiero hanno un inizio derisorio.” Mette l’accento sulla caratteristica più fondamentale dell’uomo, non quella che gli serve per comprendere il mondo, ma quella che gli permette di definirsi, cioè l’intelligenza. Su questo tema egli scandisce un inno al genio umano: “ Per un uomo senza pregiudizi, non c’è più bel spettacolo se non quello dell’intelligenza alle prese con una realtà che lo sorpassa.” “ E qui è il genio: l’intelligenza che conosce i suoi confini” Ciò non significa che non bisogna essere intransigenti, “[…] il genio non giustifica nulla, giustamente perché si rifiuta.”

Nulla è innocente per Camus, il suo libro è una vera prova dell’assurdo, è la trascrizione di un ragionamento la cui implacabile logica conduce all’assurdo. Ma quest’assurdo non è simile all’angoscia atroce di Beaudelaire che nel suo Spleen, despotico, sul suo elmetto inclinato pianta la sua bandiera nera. In effetti “Essere privo di speranza, non vuol dire essere disperato”. L’autore è in realtà molto più chiaro, poiché afferma che “ la lotta anch’essa verso le sommità è sufficiente per riempire un cuore umano. E conclude dicendo che “ bisogna immaginare Sisifo felice”.

O tu, raro lettore, che mi hai seguito fin qui, e che il cervello è ora sfregiato da queste linee di pensiero, ti precedo: ti occorreranno le spalle di Atlante e la volontà di Prometeo per sostenere e conquistare l’universo del Mito si Sissifo.