15297 - I Giusti dell’Ellenismo del Ponto
N. Lygeros
Traduzione: Lucia Santini
Sono molto contento che abbiamo iniziato con un Armene. Questa è la cosa giusta che si dovrebbe fare in tutte le manifestazioni simile a questa. Non solo perché siamo insieme da centinaia d’anni a questa parte ma perché ci danno l’esempio. Giustamente hai detto che per molti anni non avevate una patria, ma devi sapere che questo vi ha aiutato. Perché avete posto la grandezza dei valori a livello umano molto in alto mentre altri popoli che avevano una patria o che hanno trovato una patria hanno interrotto la battaglia, perché credevano di aver trovato una soluzione. Quindi credo che dobbiate capire tutti voi che se a farci onore dando inizio a tutto questo discorso sul genocidio dei Ponti, sia venuto un Armene, vuol dire che ci riconosce. Vuol dire che non si sofferma solo sul suo genocidio e vuol dirci che, quando abbiamo tre popoli che hanno subito il genocidio, come il popolo Armene, Greco e Assiro, quello che ha importanza è ricordare che si tratta dello stesso carnefice. Lo stesso carnefice è sempre la Turchia. L’impero ottomano, i neoturchi ed infine Mustafà Kemal sempre avevano lo stesso bersaglio sterminare questi popoli, perché questi popoli rappresentano una civiltà. Dovete capire che quando le nostre genti sono diventate vittime del genocidio, è perché erano persone dignitose. Perché avevano posto in alto il livello di civiltà, ovunque si fossero trovate, e per questo motivo divennero bersagli. Se non avessero tramandato opera alcuna, non si sarebbe consumato il genocidio contro di loro. Adesso voglio porre in evidenza una cosa che mi ha toccato particolarmente, spero che tu lo veda dopo, ho visto il monumento del genocidio qui nella vostra città. È veramente bellissimo, perché è sempre difficile fare un monumento dedicato al genocidio. Rivela molti sottintesi. Se lo guardate dall’alto assomiglia ad una croce. Se lo vedete di lato assomiglia ad una nave, se lo guardate da vicino, vedrete che il marmo è diventato memoria. E questo l’avete fatto voi. Ha quindi grande importanza quando vedo un’opera simile – l’ha creata Nikos, certo so che Zaira, e tutti i Greci del Ponto, hanno contribuito. Quello che ha importanza è che ora questo rimarrà. E ciò che vediamo è che costituirà un esempio. Quello che posso promettervi, è che lo renderò noto, quanto più non posso, ovunque. Perché quando sei capace di creare in una città un simile monumento dedicato al genocidio, vuol dire che ci sono valori che non si sono persi. Perché continuamente ci dicono che l’Ellenismo si è annientato e che non ci sono più valori. Generalmente coloro che dicono ciò sono coloro che vivono la quotidianità all’interno della società e non guardano l’elemento diacronico. Adesso vorrei mettere a fuoco un punto, che non lo analizziamo di frequente e credo che può aiutare. Questa è la parola. Questa parola genocidio molti di voi credono che sia greca. Non è greca è una parola composta da una radice latina ed una greca. Semplicemente quando la traduciamo in greco crediamo che sia greca. Il genocidio, per capire quanto sia importante questa parola – e credo che dopo di questa omelia adopererete più spesso questo vocabolo – non esisteva prima che la escogitasse Raphael Lemkin. Molti di noi ora considerano che sia una grande battaglia riconoscere i nostri genocidi ma dimenticano che prima non sapevamo neppure pronunciare tale parola. Non avevamo la parola. Ora abbiamo la parola. Però crediamo che questa parola sia semplicemente un’etichetta e che vogliamo dire – lo vedo anche adesso con i ragazzi che sono in fondo: Trantelleni, che hanno la parola genocidio – non so se si rendono conto di quanta enorme importanza abbia. Lo spiego. Molti di noi cercano di capire che ciò che ci accadde, è ciò che viene descritto con la parola genocidio. È errato. È l’esatto contrario. In realtà, quando Lemkin pensò per la prima volta alla parola genocidio, doveva dare un esempio agli altri che non capivano di cosa si trattasse. E quali esempi citò? Dei Greci e degli Armeni. È sbagliato l’approccio di tipo “ voglio assomigliare ad una definizione”, mentre se guardate i manoscritti di Lemkin, che sono consultabili nella biblioteca del Congresso, vedrete che c’è scritto, che ha scelto la parola genocidio, per caratterizzare eventi, come quelli che si sono svolti contro i Greci e gli Armeni. Cioè in realtà dovete comprendere la cosa seguente: ogni volta che diciamo la parola genocidio, a livello mondiale, in realtà riconosciamo i fatti che sono avvenuti contro gli Armeni e i Greci. Questo se lo mettete al contrario, capirete che ogni oratore che adopera la parola genocidio, in realtà da un contributo alla battaglia. Voglio darvi un esempio: quando la Turchia vieta l’uso della parola Pomaco dobbiamo pronunciare la parola Pomaco il più spesso possibile. Quando la Turchia vieta il Piccolo Principe, perché c’è un riferimento a Kemal, dobbiamo leggere il Piccolo Principe. Quando la Turchia vieta il quadro della Libertà che guida il popolo – il dipinto di Delacroix- dobbiamo vedere questo dipinto. Tutto ciò che vieta la barbarie sono le stigmate della civiltà. Qui dunque e l’hai detto giustamente, non ci fu nemmeno il riferimento alla parola genocidio degli Armeni ed è logico, perché la stessa parola in realtà è auto-riferenziale e la eludono. Sentiamo adesso ed anche dal mio amico, che presenta,di fare attenzione alle parole. Si tratta sempre della stessa parola: genocidio, genocidio, genocidio, vittime del genocidio”genocidiati”,sono stati uccisi dal genocidio “sono stati genocidiati” e carnefici del genocidio “genocida”. Tutto il resto non ha alcun valore legislativo per questo, se ce ne rendiamo conto e comprendiamo realmente che il quadro storico dell’invenzione della parola deriva da noi stessi, è come avere questi popoli Greci, Armeni e Assiri che hanno permesso all’Umanità di esprimersi. Esprimersi come? Sapete parliamo per i diritti umani. Ma quanti fra noi parlano per i Diritti dell’Umanità. Sempre li leggiamo al contrario. Adesso molti fra noi sanno quali sono i crimini contro l’Umanità. Ma non sanno quali sono i diritti. Mentre l’uso della parola genocidio per la condanna di un barbaro, è di fatto un diritto. E ciò che è ugualmente un diritto, è il divieto della barbarie. Non possiamo permettere più che ci insultino, che dicano che non esistiamo, che non avevamo vittime, che non si è mai consumato un genocidio e noi semplicemente dire “ è questione di libera espressione”. Non è espressione libera, è espressione barbarica, la quale non accetta la diversità. Non accetta il contributo di questi popoli verso l’Umanità e suppone che se esiste la pace in uno spazio, esiste la pace ovunque. Crede che se sei orgoglioso di appartenere ad un popolo, hai il diritto di annientare tutti gli altri. Non è così. Non siamo popoli che hanno compiuto genocidio contro altri popoli. Noi siamo popoli che costituiamo i regali per l’Umanità. Quando andate nel Ponto, quando andate in Armenia, quando andate nell’ Artsakh, quello che vedete sono segni di civiltà. Ed anche se ci sono rovine, anche se sono zone occupate, dobbiamo capire che i segni dell’Umanità di già ci sono. Quindi noi di fatto, l’hai detto chiaramente, non siamo solo i posteri siamo la continuità di questa memoria. E quando ogni anno diciamo che non abbiamo dimenticato, per far questo dobbiamo non dimenticarlo ogni giorno. In realtà siamo il risultato della strategia non risolutiva della Turchia. Di norma tutti noi qui avremmo dovuto essere morti. Avremmo dovuto essere inesistenti. Quindi, ogni volta che sento dire che, la Turchia ha una strategia risolutiva, siete la dimostrazione che è sbagliato. Non ci sono riusciti. E non ci riusciranno, perché quello che dimenticano ogni volta i barbari, è che la luce sempre vince il buio. Qualunque sia il tempo necessario per il tema del riconoscimento, per il tema dei risarcimenti, per il tema del recupero, in generale per la procedura della correzione, siamo dalla parte del giusto, è una questione di giustizia e siamo semplicemente, non i posteri ma i continuatori della stessa battaglia. Se i nostri antenati sono stati vittime del genocidio, è perché hanno lasciato qualcosa. Ciò che hanno lasciato non lo hanno lasciato solo per il nostro popolo. Non lo hanno lasciato solo per il tuo popolo. Lo hanno lasciato per tutti i popoli. Siamo dunque in realtà un esempio da imitare. Se sapeste quanti popoli vorrebbero avere la nostra storia, a costo di avere anche vittime del genocidio…Noi abbiamo questa storia, abbiamo queste vittime, però siamo nel contesto della giustizia. Non sottomettiamo. Non vogliamo espanderci. Rivendichiamo i diritti esistenti. In realtà rivendichiamo i diritti dell’Umanità. Nessuna società ha il diritto di compiere crimini contro l’Umanità, uccidere i morti, e “genocidiare” i popoli. L’esempio dei greci e degli armeni non è locale, non è campanilista, è paradigmatico. Cioè tutti i popoli che cercano di riconoscere i genocidi di cui sono stati vittime, adoperano sempre la stessa parola, che è stata inventata in seguito alle nostre sofferenze, ai nostri eventi, perché il Kemalismo ha cercato di annientarci. Ha cercato ma non ce l’ha fatta. Ed ora per tutti coloro che credono che non possiamo superarlo, non dimenticate che l’Ellenismo è quello che è in grado di porre una parentesi nei quattrocento anni di occupazione. È capace di superare questa barbarie e di essere ancora qui a dare il suo contributo. È capace di sollevare la memoria del futuro, per mostrare agli altri popoli che colui che offre all’Umanità, appartiene digià al futuro. Coloro che cercano di uccidere il futuro, di uccidere gli uomini – che avrebbero dovuto essere ora insieme a noi – appartengono al passato e cercano con il presente di porre un segno. Non riusciranno a lasciare nessun segno, perché non hanno le fondamenta. Le fondamenta dell’Umanità si basano su uomini che si offrono. L’Ellenismo del Ponto, l’Armenicità sono segni di offerta. Non dovete sentirvi addolorati. Non dovete pensare che le cose non possono cambiare. Al contrario. Il fatto che siate qui dimostra che coloro che vollero cambiare radicalmente le cose e sterminarci, non ci riuscirono e non ci riusciranno mai. Perché ora pian piano anche le vittime, anche i sopravvissuti imparano la strategia, imparano come resistere, come rivendicare ed essere ancora qui come protezione, come scudo. Voi che siete i sopravvissuti, che siete i discendenti dei vostri antenati siete gli scudi dell’Umanità, siete i Giusti dell’Umanità, che proteggono gli altri perché hanno superato persino il genocidio. Sono rari i popoli che possono dire che sono arrivati a di là del “genocida” e sono ancora qui dopo la sua morte. Quindi poiché avete cominciato tutti con “ Cristo è risorto”, vorrei semplicemente finire con “In verità è risorto”.
Grazie tante.