15324 - Giorno della memoria del genocidio dell’Ellenismo del Ponto
N. Lygeros
Traduzione: Lucia Santini
Vorrei prima di tutto dirvi che è un onore che ci troviamo qui. Non voglio ringraziarvi che siete qui. Perché è un dovere. È logico che siate qui. È da aspettarselo. Semplicemente, molti non ci credono e vengono qui per altri motivi. Non importa. Mai in passato ci importava. Per un motivo puro e semplice: I morti non votano. Quindi interessiamoci a loro, perché ci piace la sostanza. Sono molto lieto oggi con quello che ho visto, con ciò che è dietro di me, perché è anche davanti certamente. Sapete, con greci del Ponto, tutto diventa strano. Davanti al monumento mi hanno messo dietro al prete ed ora nella manifestazione mi hanno messo davanti alla gioventù. Quindi ci sarà una via di mezzo. Lo capirete pure voi. L’idea è semplice. Non veniamo qui soltanto per dire che siamo venuti qui e che ritorneremo anche l’anno prossimo. Veniamo qui perché c’è una necessità. Sentiamo tante cose, ne vediamo poche. Molti movimenti, pochi atti. I Greci amano i valori non i princìpi. Nessuno in Grecia crede nei princìpi e nelle autorità. Né prima, né ora, né in futuro. Per questo siamo diacronici. Le autorità cambiano. Alcune volte collaborano. Alcune volte ci torturano. Alcune volte ci sopprimono. Per noi, la legge diventa legge solo quando è umana. Non accettiamo il Diritto Romano. La legge quando è dura, non la accettiamo. Dobbiamo capire, finalmente, che la questione del genocidio non è più storica. La storia l’ha registrato. Il problema è che ora è umana. Se noi la dimentichiamo, se non rivendichiamo la sua esistenza, allora scompare. Non aspettatevi niente, ma niente dagli accademici. Mai! Costoro arrivano sempre dopo. Quando studiano il problema. Non aspettatevi niente dagli storici. Anche loro arrivano dopo, per spiegarci quello che ci è successo. La storia viene scritta con gli uomini, non dagli specialisti. Quello che hanno scritto i Greci del Ponto e che diede l’ispirazione a Lemkin per escogitare la parola Genocidio, combinando una parola Greca e una parola Latina, per dimostrare a tutti che non è una cosa locale. Non è una cosa nazionalista. È una cosa universalmente umana. Ci manca così tanto l’intendimento che non comprendiamo che ogni volta che che qualcuno adopera la parola genocidio, riconosce automaticamente il Genocidio dei Greci del Ponto, degli Armeni e degli Assiri. Perché sono questi i genocidi che costituirono l’esempio a Lemkin e inventò questa parola. Perché non c’erano parole. Esiste una tale mancanza che continuiamo nell’ora del giorno della memoria del Genocidio, a chiedere un minuto di silenzio. Non abbiamo capito nulla. I carnefici del Genocidio questo volevano. Volevano che tacessimo. Per questo lo vediamo anche nella Bibbia ove è detto, le parole sono semplici: Anche se dovessero tacere gli uomini, emetteranno un grido le pietre. Nessuno può obbligarci a tacere. Tacciamo per uno, non per un Genocidio. Il fine del Genocidio è non lasciarci parlare. Logicamente dovremmo emettere un grido. Per mostrare ai carnefici del Genocidio che non hanno saputo fare bene il loro lavoro. Il fatto che siamo ancora qui, dopo anni, non ce ne andiamo per nessuna ragione. Non guarderemo il Ponto da lontano per nessuna ragione. Il Ponto è occupato. Dobbiamo dunque continuare questa battaglia per prepararci. La questione non sono solo le scuse. Scusa lo dicono in molti. Non fanno nient’altro. Anche se chiedono scusa, cosa succede? Sappiatelo – per coloro che sanno strategia – ad un certo punto chiederanno scusa ed alcuni di noi si fermeranno. E non hanno capito che è l’inizio. La procedura di correzione ha molti livelli. Il riconoscimento è il primo livello. Nient’altro. Nella correzione, le scuse non bastano. Perché? Perché non si possono “genocidiare” tanti uomini e poi chiedere scusa. Non rimanete solo su questa parola. Questa parola è solo la prima, non è l’ultima. Dobbiamo capire pure noi che, se vogliamo un riconoscimento internazionale, dobbiamo pure noi riconoscere gli altri. Sono lieto perché quest’anno, la Panpontia associazione ha deciso di riconoscere il Genocidio degli Assiri. È una carenza anche per la Grecia. Perché siamo tre Genocidi. Una triade di genocidi con lo stesso carnefice. Con la stessa strategia mentre noi abbiamo riconosciuto le prime due e non possiamo capire che, quando andiamo nei tribunali, ci dicono: Ma voi stessi non riconoscete quanto dite. Siamo tre. Non separate. Tre, come lo dice la religione. Una triade. Questa triade è quella che ha raggiunto i risultati. Anche in Svezia. Anche nell’Europa Unita ed in Australia. Da soli non riusciremo a fare nulla. Il genocida ha un disegno, ha strategia, ha geopolitica. La vittima non capisce cosa succede all’inizio, non ci crede, non capisce che cosa sono capaci di fare. E anche se li avvisassimo, dicono: Non può succedere questo. Eppure avviene. Dobbiamo essere seri. Ci sono veramente alcuni qui che credono che facendo queste manifestazioni è sufficiente affinché non si consumi più un genocidio. Ma se ancora oggi si compiono genocidi. Queste manifestazioni si fanno semplicemente per attivare la gioventù. Quante volte avete visto la gioventù vestita di nero? Eppure, è questo che li attende, perché nei genocidi non c’è gioventù, ci sono solo gli anziani. I genocidi funzionano con i secoli. Molto giustamente l’avete detto: Parliamo anche ai non nati. È questo che ricorderanno. Quello che abbiamo fatto noi, quello che faremo, quello che consegneremo loro. Non basta più dire eravamo vittime. I Greci del Ponto non sono nati vittime. Avevano digià una cultura e perché costituivano una civiltà sono diventate vittime della barbarie. Perché si tratta di barbarie. L’ho sentito lo diceva un signore, molto semplicemente, di cosa parliamo quando sentiamo dire del processo di adesione? È inaccettabile. È molto semplice, il genocidio è un criterio, non possiamo avere una barbarie incorporata alla civiltà. È molto chiaro tutto il contesto, su di esso non c’è nessuna diplomazia, non siamo in un contesto di colloquio se esiste o no il genocidio, il genocidio esiste. All’inizio il genocidio, e poi parliamo. Altrimenti non ha senso. Rifiutiamo lo stesso nostro essere. Continuiamo a fare le stesse cose con i predecessori, mentre non hanno fatto nulla. Il genocidio degli armeni è vietato in Turchia. Puoi essere condannato a dieci anni di detenzione soltanto perché lo dici. Lo stesso avviene per le zone occupate a Cipro. E noi ci chiediamo ancora cosa dobbiamo fare. È molto semplice, dobbiamo essere anche noi in questo articolo. Occorre che anche il Genocidio dei Greci del Ponto sia anch’esso vietato, altrimenti non abbiamo infastidito la barbarie. La barbarie è semplice, quando la guardate in faccia sapete chi siete. Non è necessario piangere ogni volta. Eppure c’è bisogno di lottare, c’è bisogno che ci sia una battaglia, e questa battaglia deve avere seguaci. Non possiamo essere soltanto noi, sempre gli anziani. E dopo? Qui abbiamo digià delle vecchie con noi adesso. Sono giovani, ma si sono vestite di nero, la luce del nero, quella che permette agli uomini di capire che cosa sia il colore. Ci mettiamo in costume tradizionale e crediamo che ha un qualche valore, invece siamo a carnevale. Dobbiamo comprendere che ogni particolare ha importanza, ogni particolare. Qui siamo tutti insieme, perché non abbiamo dimenticato i morti. Molto spesso però dimentichiamo i non nati. Siamo stanchi qualche volta, ma chi può dire ad una vittima del genocidio che mi sono affaticato per te. Loro non avevano neppure il diritto di stancarsi. Non avevano neppure il diritto di piangere. Non basta. Siamo qui a causa della dignità umana. Se non facciamo nulla noi, tutti li dimenticheranno. Siamo coloro che rappresentano l’Umanità, come anche loro rappresentarono l’Umanità. Sono crimini contro l’Umanità, non hanno nulla di locale. Dobbiamo dunque capire che siamo uniti, allora ci sono delle vere difficoltà. Quando si è innalzato questo monumento, avevamo delle ostilità. Bene! Abbiamo preso un punto! Se innalzate un monumento e non avete contrarietà, non c’era bisogno di innalzarlo. ( rivolgendosi a Costantinos Fotiadis) Hai scritto dei libri e hai avuto avversità. Bene! Hai preso un punto. Non c’è nessuno che lotti contro la barbarie senza avere problemi. Coloro che non hanno problemi, è molto semplice, è perché non fanno nulla che infastidisca. Lasker, campione del mondo negli scacchi, diceva «non cercare la mossa migliore, cerca quella buona, quella che infastidisce l’avversario». Vorrei che vi domandiate quante volte avete infastidito la barbarie, in quante liste nere appartenete, perché ritengono che è inaccettabile ciò che fate, che spronate la questione del genocidio. Se lo valutate, pian piano capirete perché noi in Grecia quando abbiamo un defunto che ha prodotto in vita un operato, diciamo semplicemente «degno» dopo il suo decesso. Dobbiamo dunque comprendere che, se il Ponto è diventato vittima della barbarie, è perché la civiltà che aveva creato era significativa. Era diventata scomoda e infastidiva. Per la questione del Ponto in Grecia siamo passati per diversi stadi. Siamo passati dall’inesistente, pian piano siamo arrivati all’anedotto. Ora giungiamo alla rivendicazione. Però occorre orgoglio, occorre entusiasmo, occorrono resistenze e tenacia. Non finiremo adesso. Quando sentite dire che questa battaglia vien portata avanti affinché la Turchia la riconosca, questo sarà alla fine. Quello che vogliamo l’ha detto il presidente molto giustamente, è il riconoscimento internazionale. Il riconoscimento internazionale non sarà legittimato dalla Turchia. Sarà legittimato da tutti gli stati che rispettano la civiltà, che credono che è intollerabile colui che istiga alla barbarie qualunque essa sia e per questo motivo si deve adesso passare finalmente allo stadio seguente quello del divieto della barbarie. Non esiste neppure un Greco che accetti la barbarie, perché è contro l’Ellenismo. Non possiamo dire semplicemente che non ci turba, visto che ci crediamo. Al contrario ci infastidisce, perché ogni volta che qualcuno insulta il genocidio, insulta i nostri antenati e non diciamo nulla. La definiamo libera espressione. È libera idiozia da voltastomaco. È libera viltà, perché semplicemente non abbiamo coraggio, perché non ci sono negozi ove comprarlo. Ma per fortuna coloro che sono venuti dal Ponto, sono venuti con il coraggio. Quindi dobbiamo tutti comprendere, anche se non siamo Ponti, non importa, non siamo tutti perfetti, dobbiamo capire la cosa seguente: l’offerta del Ponto verso l’Ellenismo è una questione di grande dimensione mentre crediamo semplicemente che è una questione che riguarda una parte della popolazione. Nessuna relazione. Il Ponto è un punto di riferimento. Se non lo fosse stato , non sarebbe stato vittima del genocidio. Voglio che vediate pure voi una cosa molto semplice: Quando parliamo per il genocidio dei Ponti, i Ponti parlano della Romania (Bisanzio), perché erano lì anche dopo la Romania. I Ponti cantarono Costantinopoli, perché erano ancora lì. Il problema ora qual è? È che dopo dei Ponti, non c’era nessun altro. Chi canta per il Ponto? Per quello che ha vissuto? È il problema dell’ultimo. Quando sei l’ultimo, parli per il penultimo. Quando però sei l’ultimo, chi parlerà per te? Bisogna quindi molto semplicemente – è un consiglio dello stesso Gesù Cristo – gli ultimi saranno i primi. Devono capire i Ponti, che non sono più gli ultimi, ma sono i primi che rivendicheranno cose concrete, per mostrare anche agli altri, palesemente così come è evidente la punta di una lancia, che non si sono piegati, che pure un genocidio non li ha sottomessi, che sono ancora qui e continuano perché semplicemente i carnefici del genocidio non ci sono riusciti. Gli ottomani, i neo-turchi, Kemal non erano sufficienti per annientarli. Mi direte è logico, con i Greci, il nemico deve essere sempre più forte, altrimenti non ci mettiamo in gioco. Quindi ogni volta che sento qualcuno che mi dice «ma è possibile resistere a costoro, dov’è quella forza, dov’è quella popolazione, dov’è quella economia»? Ma certo che è possibile, perché non facciamo nient’altro da secoli a questa parte. Sempre eravamo deboli, sempre ci lamentavamo ma siamo sempre qui. Per questo abbiamo scelto come motto per la Grecia «La Grecia non muore mai». Quindi quanti credono che moriremo, quanti hanno la sindrome di Stoccolma, quanti sono vili servitori, quanti sono traditori, non ci toccano. Sono secoli che viviamo con tutti costoro. Mai ci hanno dato fastidio, per continuare ad essere un regalo per l’Umanità. L’ellenismo è il regalo. La grecità del Ponto è una parte di questo regalo. Non guardate i Greci del Ponto in maniera compassionevole. Se fanno errori, quando rivendicano qualcosa, ditelo. Vi faccio un esempio. Su queste che vedete (si riferisce alle bandiere), alcuni hanno messo l’aquila monocefala a rovescio. Se credevano che non avrei detto nulla, si sbagliano. Che cambino le bandiere, ammainatele quando sono a rovescio perché non sono più un motto. Il Ponto guarda Costantinopoli. Il Ponto guarda quello che dobbiamo guardare pure noi. Costantinopoli è il centro da secoli a questa parte. Non abbiamo scelto nessun’altra città per battezzarla Città. Nessun’altra. Una è la Città. Anche se ora è occupata non importa, di nuovo sarà nostra. Grazie tante. dolo